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    Caso Bani - Alessandro Baronti: "Su di me affermazioni infondate e lesive"

    Primo Piano - 26 Mar 2010 


    Mi trovo costretto, dopo lunga e meditata riflessione, a scrivere questo intervento, che mi auguro possa risultare chiaro e sintetico - sebbene la quantita' di quello che e' stato scritto imponga puntuali osservazioni - al fine di chiarire la mia posizione

    Nei mesi scorsi, a partire dagli articoli comparsi in data 05.01.2010 (sul quotidiano "La Repubblica", a firma del Dott. Capodacqua), in data 06.01.2010 e 07.01.2010 (sul quotidiano "La Gazzetta dello Sport", nella pagina dedicata al ciclismo, a firma del Dott. Claudio Ghisalberti), nel dedicare spazio e risalto alla vicenda di un giovane tesserato (Eugenio Bani) ritenuto responsabile di aver assunto sostanze dopanti e percio' squalificato, la mia persona e' stata fatta oggetto di affermazioni infondate, mendaci e gravemente lesive della mia reputazione ed onorabilita'.

    Il "caso Bani", cosi' come e' stato da piu' parti nominato, ha riguardato la positivita' di un atleta della squadra juniores della societa' Ambra Cavallini Vangi, riscontrata al termine di una gara del 24.06.2009, che ha condotto alla squalifica dell'atleta dalle competizioni nazionali per il periodo di due anni ed ha coinvolto, in seguito alle difese dello stesso Bani (che ha accusato lo staff medico e societario della squadra di avergli somministrato le sostanze a sua insaputa), l'intero personale della societa' (presidente, vice-presidente, direttori sportivi, medico sociale e atleti tesserati).

    La mia unica "colpa" (!) se cosi' si puo' definire, e' quella di aver fatto il Direttore Sportivo per l'Ambra Cavallini Vangi fino a circa la prima meta' del mese di maggio 2009 (dunque ben oltre un mese prima che il sig. Bani venisse trovato positivo alle sostanze contestategli) e di aver prematuramente interrotto il rapporto con la squadra. Dalla stampa (e poi in seguito da alcuni addetti ai lavori, evidentemente male informati), invece, mi e' stato contestato un diretto coinvolgimento nella vicenda, suffragato dal fatto che io avrei fatto uso in passato (nel 2003, terminata la carriera professionistica, quando correvo da amatore) della stessa sostanza - la gonadotropina corionica - per cui e' stata riscontrata la positivita' di Bani e sarei stato, percio', squalificato a vita dalle corse.

    In particolare, La Gazzetta dello Sport, gia' in data 06.01.2010, ha diffuso la notizia che io fossi stato inserito dalla UDACE-CSAIN (associazione amatoriale) in un elenco di sportivi di categoria amatori divenuti oggetto di provvedimento di squalifica per uso di sostanze dopanti, addirittura con l'indicazione di aver riportato la sanzione di inibizione "a tempo indeterminato, equivalente alla squalifica a vita".

    Nello stesso articolo del 06.01.2010 il medesimo quotidiano riportava la circostanza, di per se' falsa, che "nel 2003 (il Baronti, n.d.r.) fu trovato positivo tra gli amatori alla granfondo Nove Colli, da lui vinta, per la stessa sostanza di Bani, cioe' la gonadotropina corionica".

    Il giorno successivo, in data 07.01.2010, lo stesso giornalista, sempre sulle pagine del citato quotidiano sportivo, il maggiore a livello e diffusione nazionale, ha riportato la notizia di un "misterioso allontanamento" che avrebbe investito la mia persona riferendo della circostanza per cui, una volta passato amatore dopo un trascorso da professionista di buon livello, sarei stato "prima trovato positivo e squalificato, poi inibito a vita".

    Il giornalista concludeva il riferimento alla mia persona addirittura chiedendosi (e chiedendo ai lettori) se fosse giusto, a prescindere dalle responsabilita' che io potessi avere o meno nella vicenda Bani, che "chi ha alle spalle una squalifica per doping insegni ai giovani".

    Evidentemente non soddisfatti di quanto pubblicato sul quotidiano sportivo (derivante anche dall'indebito inserimento del mio nominativo nell'elenco degli squalificati della UDACE-CSAIN, immediatamente "oscurato" dopo l'intervento dei miei legali di fiducia), i redattori del mensile di settore "Cycling-pro" - nel dedicare ampio risalto alla vicenda di Bani - hanno ritenuto di dover ulteriormente infangare il mio nome.

    Lo hanno fatto arrivando ad utilizzare espressioni per certi versi sconcertanti ed alle quali faticavo a credere io stesso che riporto di seguito; lo hanno fatto calpestando la mia dignita' di corridore professionista ma, prima ancora, di uomo perbene.

    Non si puo' pensare - senza alcuna prova, elemento o giustificazione di sorta - di accostare il nome di un ciclista ex-professionista come il sottoscritto a fattispecie di reato, a comportamenti contrari a regolamenti sportivi ed alla legge, a condotte potenzialmente pericolose per la salute di altre persone, addirittura minori d'eta'.

    I giornalisti che si sono occupati di me su "Cycling-pro" sono arrivati ad affermare che, dopo un passato di ottimo livello (qualcuno gliene rendera' merito!), il sottoscritto sarebbe "approdato alle granfondo, da cui e' stato subito espulso per positivita' alla gonadotropina corionica dopo una Nove Colli. Di fronte agli organi inquirenti, Baronti giustifico' la propria positivita' con motivazioni che non pubblichiamo per motivi di...decenza e senso del ridicolo"

    Non e' tutto; l'articolo prosegue: "A questo riguardo l'Udace, l'ente con la cui tessera Baronti correva le granfondo, ha compiuto l'unico gesto dignitoso della vicenda: l'ha inibito a vita. Inibizione che non ha impedito alla Vangi di ingaggiarlo, almeno fino alla meta' di questa stagione, quando il rapporto tra tecnico e squadra si e' interrotto".

    Non solo si e' sorvolato (anzi, si e' affermato senza alcuna prova) sul fatto che io mai sia stato squalificato per uso di sostanze dopanti (e questa e' circostanze talmente facile da accertare che devo concluderne che non si e' voluto deliberatamente fare alcuna verifica preventiva!), ma si e' anche "favoleggiato" di presunte indagini svolte da non si sa quale autorita' "inquirente" dell'epoca, senza che io sia mai stato sentito da alcuno in vita mia, almeno fino alla mia convocazione alla Procura Antidoping del settembre 2009, in merito proprio alla vicenda Bani, allorche' sono stato sentito dal Procuratore, Dott. Torri, soltanto quale persona informata sui fatti.

    Al Procuratore, peraltro, (e non a terzi estranei od a giornalisti, come qualcuno ha mostrato di voler fare al solo scopo di nuocere ad altri) ho dichiarato tutto quanto potevo sapere sui fatti, senza tacere alcuna circostanza di cui fossi venuto direttamente a conoscenza.

    Ho scritto - tramite i miei legali di fiducia - al quotidiano sportivo interessato, auspicando una tempestiva smentita o, almeno, una correzione parziale di quanto riportato in modo infedele ed infondato a mio carico; ma non ho avuto nessuna risposta, quasi che la difesa di un ex-corridore non fosse "interessante", magari non "utile" in una logica di profitto, di tiratura e vendita della stampa.

    Quanto appena rappresentato mi ha amareggiato e sconvolto al punto da non trovare, in un primo momento, neppure la forza di reagire; non mi pregio di aver avuto una carriera da "campione", ma sono certo - per la consapevolezza che ho sempre avuto nei miei mezzi ed in me stesso - che ho corso sempre nel rispetto delle regole, facendo sacrifici enormi

    Non sono mai stato oggetto di alcun procedimento sanzionatorio, ne' da parte della UDACE-CSAIN (Ente per il quale non sono mai stato tesserato, ne' ho avuto "ambizione" d'esserlo), ne' da parte dei diversi Enti (F.C.I. e UISP) per i quali ero e sono tesserato. Ripeto, non ho mai ricevuto alcuna comunicazione formale di notifica di una mia (soltanto presunta) positivita' a controlli anti-doping, ne', a maggior ragione, ho ricevuto squalifiche che, in ogni caso, mai avrebbero potuto essermi comminate da Enti cui non appartengo e comunque - anche per espressa previsione del Regolamento UDACE-CSAIN in materia - mai sarebbero potute consistere in una inibizione a tempo indeterminato (c.d. "a vita").

    Riprova ne sia il fatto che anche l'Ente in parola, richiamato dai miei legali a fornire dimostrazione di quanto compariva sul proprio sito internet (inibizione a vita associata al mio nome), non ha saputo dare alcuna spiegazione di quanto avvenuto, limitandosi a ritenersi esonerato da responsabilita' per avere "La Gazzetta dello Sport" riportato notizie non pubblicate o diffuse tramite i loro canali. Come a dire che l'Ente e' consapevole della non veridicita' della notizia diffusa, ma chi l'ha passata alla stampa sono stati altri (chi??).

    Nei giorni successivi all'intervento dei miei avvocati di fiducia la pagina internet del sito UDACE-CSAIN relativa ai provvedimenti disciplinari e' stata "oscurata", comparendovi la dicitura "in manutenzione".

    La pubblicazione sui quotidiani di una notizia falsa ed infondata, unitamente ai commenti che ad essa sono stati collegati, in primo luogo con riferimento ad un mio presunto coinvolgimento nella vicenda che ha condotto all'accertamento della positivita' al doping di un giovane tesserato come Eugenio Bani, e' un fatto si per se' gravissimo ed e' per questo motivo che ho dato mandato ai miei legali di porre in essere ogni e qualsiasi iniziativa a tutela della mia onorabilita' e reputazione.

    Una volta constatato che non c'era - purtroppo, ma evidentemente - alcun interesse di garantire il rispetto della verita', piuttosto che inseguire a tutti i costi lo "scandalo", ho deciso di seguire il consiglio di chi, in famiglia ed all'esterno, mi ha sostenuto e supportato in questo momento difficile, invitandomi a non mollare (come ai bei tempi in cui correvo!) ed a tutelarmi dalle false accuse che mi sono piovute addosso.
    Per questo motivo ho deciso di denunciare alla Procura della Repubblica quanto ho dovuto subire, ritenendo che ricorrano nei comportamenti che sono stati tenuti in mio danno gli estremi di reato e chiedendo, con distinti atti di querela, che si proceda nei confronti dei responsabili che saranno individuati dalle Autorita' competenti.

    Purtroppo ho la sensazione che questa vicenda non sia finita, se e' vero - come e' vero - che ho dovuto negli ultimi giorni subire un nuovo attacco personale, gratuito ed infamante, da un addetto ai lavori come Ivano Fanini, che non conosco personalmente e che mi ha molto meravigliato per i toni ed il contenuto dell'intervento, assolutamente inventato.

    Preferisco sorvolare sulle accuse che mi sono state rivolte, alcune delle quali tanto ignobili da meritare solo il silenzio o, come ho fatto, un'ulteriore denuncia-querela alla Procura della Repubblica; resta il fatto che, per scopi che non comprendo (ma che posso ricondurre al recente tesseramento di Eugenio Bani nella Amore & Vita di cui Fanini e' il patron e dirigente) si e' voluta attaccare la mia persona in modo crudele, probabilmente solo perche' ormai sono uscito dall'ambiente sportivo agonistico e vengo considerato un bersaglio "comodo".

    Be', cerchero' di far ricredere quanti la pensano in questo modo. Mi battero' con tutto me stesso, con tutte le mie forze, per far emergere davvero la realta' dei fatti, confidando nell'apporto di quanti ancora credono nella verita' e nella bellezza di questo sport.


    Alessandro Baronti








    Primo Piano - 26 Mar 2010